Poeti e Poesie:
La siora marchesa
di Renzo Pezzani
Celebre raffinata e patetica poesia intrisa di sottile malinconia, forse la sua più famosa opera, un capolavoro.
Da scoltare e riascoltare nella stupenda interpretazione di Bruno Lanfranchi.
Renzo Pezzani, Bornisi, Battei, 1978
Musica: Almost Duo, Lullaby. Al flauto traverso Silvia Cavatorta
La siora marchesa
La vecia marchesa
ch’la stäva al primm pian
la viva in-t-na camra
coi gat e coi can.
La n’ gh’ à pu la serva
ch’agh faga la tressa:
la s’ leva bonora
pär corror a messa
La s’metta a memoria
’n capel äd piss vec
(la siora marchesa
l’ à rott tut i spec)
Da drè la veletta
la sconda la fama.
La n’ gh’ à pu de scärpi,
la perda la brama.*
La viva de gnenta:
’d na suppa in-t-al lat:
gh’ in vansa na mes’cia
p’r i can e p’r i gat.
Epur la s’ricorda
di so venerdì
coi brumm ch’ aspetäva
dj intregh dop-mezdì:
contessi, duchessi,
sui bei canapè
(a n gh’ era nisson
col sangov daquè).
Adessa che i gioron
j en tutt venerdì,
l’ aspeta ch’ a passa
na siora de dchì:
na siora ch’ a passa
na volta da tutti,
dal giovni, dal veci,
dal beli, dal brutti;
na siora ch’ a riva
fin sora ai granar,
ad corsa, in silensi,
e sensa lansär.
E incö’, ch’ l’ è passäda
pär combinassion,
la senta odor ’d vecia,
l’infila al porton;
la reva la porta
legera cme ’l vent
— Andemma, marchesa!
— Ch’ la speta ’n moment
ch’ a faga toletta;
son subit con lè. —
La s’ metta i mez guant,
al boa äd struss plè:
la s’ petna al cucù,
tri riss su la fronta,
la drissa la testa:
— Andemma, son pronta. —
Recitata da Bruno Lanfranchi
La signora marchesa
La vecchia marchesa
che abitava al primo piano *
vive in una camera
con i gatti e con i cani.
Non ha più la serva
che le faccia la treccia:
si alza presto
per correre a messa.
Si mette a memoria
un cappello vecchio di pizzo
(la signora marchesa,
ha rotto tutti gli specchi)
Dietro la veletta
nasconde la fame.
Non ha più scarpe,
perde la brama. **
Vive di niente:
di una zuppa nel latte
ne risparmia un mestolo
per i cani e per i gatti.
Eppure si ricorda
dei suoi venerdì
con i brumm*** che aspettavano
degli interi pomeriggi:
contesse, duchesse,
sui bei canapè
(non c’era nessuno
col sangue misto ad acqua).
Ora che i giorni
sono tutti venerdì,
aspetta che passi
di qui una signora:
una signora che passa
una volta da tutti,
dalle giovani, dalle vecchie,
dalle belle, dalle brutte;
una signora che arriva
fin sopra i granai,
di corsa, in silenzio,
e senza ansimare.
E oggi, che è passata
per combinazione,
sente odore di vecchia,
infila il portone;
apre la porta
leggera come il vento
— Andiamo, marchesa!
— Aspetti un momento
che faccia toletta;
sono subito da lei. —
Si mette i mezzi guanti,
il boa di struzzo spelacchiato:
si pettina il cucù,
tre riccioli sulla fronte,
drizza la testa:
— Andiamo, sono pronta. —
* Il primo piano era il piano nobile. Dal rinascimento fino alla fine del ’700 nei palazzi signorili era la residenza vera e propria della famiglia ed era generalmente più alto e meglio decorato
** La brama era la passamaneria di rinforzo applicata nel fondo interno delle vesti per preservarle dallo sfregamento.
*** I brumm erano i brumisti, i vetturini delle carrozze a cavalli “Brougham”, in italia detti “fiacre”. La struttura si prestava bene all’installazione di un motore e fu usata nelle prime automobili al posto dei cavalli. Molte auto furono denominate Brougham, anche dalla Ford fino agli anni ’70.