Poeti e Poesie:
L’educasjon
di Alfredo Zerbini
Il lessico esagerato della mamma non inganna nessuno: lascia trasparire un affetto profondo per il figlio un po’ (parecchio) svogliato.


Alfredo Zerbini, Tutte le poesie, Battei, 1982
Grafia originale dell’Autore
L’educasjon
L’è propria in croza an’ lè, povra Marten’na.
L’ è n’ora ch’ la s’adana e ch’la se sgola
con col so bon putén che stamaten’na
al ne völ miga ad sorta andär a scóla.
— Mo levet su, plandrón, ch’ l’ è za sett or!
Za tant, a ca da scöla, an te gh’l ass miga.
A t’al sè pur, baloss *, che ’l diretor
an passa miga dì ch’ al ne t’ castiga.
A ca da scöla! … At gh’ è na bela avdacia!
Su, lévet, smummiet, sälta zo dal let,
s’a ne t’völ migh ch’ at faga gnir na facia
con dj oc pu nigher d’un capel da pret!
Avanti, obdissa donca, levet su …
La vöt capir o no, testa ad massigna?
E fàt al sign dla croza, malnassù;
bisògna propria e semper ch’a t’ insigna?
Sta migh scapär, sta miga, deficent!
Va miga in gir par ca, ch’ at si in pataja.
Co’ vöt ciapär, bestiassa, ’n acident?
Fa prest, vestisset, mettet su la maja.
L’ è chi ch’ l’ è za strassè ch’ al pär un lazer.
J ò tribulè a cuzir, e po par co’?
Putost che fär di fió, s’a torn a nasser,
a vagh a fär al gir cme la Giacò! **
Guarda che gambi, vè, brutt lagozén!
Mo indo sìt stè a rutäret, int na massa?
Al gh’ à du did ad cricla cme un gozén;
lävet, fa prest, s’ a ne t’ vól migh ch’ at massa.
E lävet col savón, vè, brutt malnè.
Co’ dìt? Ch’ at bruza j oc? Brutt delinquent,
an t’ sariss gnan nassù in borgh di Minè; ***
s’ al vedda l’ aqua, genti, al va cme ’l vent.
Avanti, sughet, smummiet, testa mata;
e adessa sedet chi, magna al cafè.
Co dìt, ch’ l’ è fort? A l’ à magne la gata,
ch’ l’ è spissa ad bocca, e la n’ à gnan bofè …
Guärda cme ’l ten i libber ste zulù;
mo indò j’ èt miss, viliach, su p’r al camén!
Se al Sgnor, povrètt, al te tolìss con lu,
agh vagh a piär subìtt dozent lumen.
E la lessión? … Dì la vritè a to mädra …
Mo gnan guardäda, boja d’ un mond läder?
Mo za, a n’al soj? At gh’ è la testa quädra,
e t’ sarè semper ’n äsen, cme to päder.
E adess va a scöla, slonga, brutta grenta.
Con sti ragass, l’è na disperassión!
Il mestri, incó, i n’ gh’insignen miga gnenta;
la n’ s’ ghe pól där che in ca l’educassión!
* Balòss in dialetto significa persona simpatica, furbacchiona, a volte un poco trasgressiva e pare possa derivare da Balor, il dio della morte della mitologia celtica. Da @scuoladialettoparma – Community
**A Fidenza côrpu d’la Giacò lädra è un’ esclamazione che allude ad una malfamata etera dalle prestazioni così costose da lasciare gli occasionali clienti senza un soldo.
Guglielmo Capacchi, Proverbi e modi di dire Parmigiani, 1968: La Giacò era meretrice famosa verso la metà del XIX secolo.
*** Borgo dei Minelli, povero, malfamato, sovrappopolato, malsano, in cui “fin dal 1444 vi erano case che andavano a ruina” (Angelo Pezzana, Storia di Parma), dal 1923, insieme a piazza della Rocchetta, fu intitolato a Filippo Corridoni. Il piano regolatore del 1928 lo destinò all’abbattimento e ad assumerà la dignità di viale: ma poi venne la Repubblica e quello che era un borgo venne dedicato, come in tante altre città italiane, alla Costituente.
Fu oggetto degli sventramenti a cavallo del 1930 e gli abitanti furono sistemati nei “capannoni”, una sistemazione provvisoria, nelle intenzioni. Poche comodità – si disse allora – proprio per indurre la gente ad andarsene appena possibile. Gli ultimi scomparvero alla fine degli anni ’60. Fra il 1929 e il 1932 ne furono costruiti 16, con 597 vani abitabili per 447 alloggi, per una spesa di 2.596.000 lire. L’affitto mensile era di 60 centesimi per vano e di una lira per due vani: nel 1945 furono resi gratuiti.
La scuola elementare Pietro Cocconi di piazzale PIcelli, verso il 1905 circa
Sventramento dei borghi dei Minelli, Grassani e Parente.
In fondo la chiesa di Santa Maria del Quartiere.
Teatro Ducale e via della Costituente, ricerca di Ivan Mondini
Mappa di Parma, 1929, particolare. Borgo dei Minelli, in quel periodo, si chiamava via Filippo Corridoni.
Recitata da Bruno Lanfranchi
L’educazione
È proprio in croce anche lei povera Martina.
È un’ora che si danna e che si sgola
con quel suo buon bambino che stamattina
non ne vuole sapere di sorta di andare a scuola.
— Ma alzati pelandrone, che sono già le sette!
Tanto, a casa da scuola, non ti ci lascio.
Lo sai pure, birbante, che il direttore
non passa giorno che non ti castighi.
A casa da scuola! … Hai una bella audacia!
Su alzati, muoviti, salta giù dal letto,
se non vuoi che ti faccia venire una faccia
con degli occhi più neri di un cappello da prete!
Avanti, obbedisci dunque, alzati…
Lo vuoi capire o no, testa di macigno?
E fatti il segno della croce, malnato;
bisogna proprio sempre che ti insegni?
Non scappare, non farlo, deficiente!
Non andare il giro per casa che sei in pigiama.
Cosa vuoi prendere, bestiaccia, un accidente?
Fa presto, vestiti, mettiti la maglia.
E qui che è già sbrindellato che sembra un Lazzaro.
Ho tribolato a cucire, e poi per cosa?
Piuttosto che fare dei figli, se torno a nascere,
vado a fare il giro come la Giacò!
Guarda che gambe, brutto maiale!
Ma dove sei stato a rotolarti, in un letamaio?
Ha due dita di rudo come un maiale;
lavati, fa presto, se non vuoi che ti ammazzi.
E lavati con il sapone, veh, brutto malnato.
Cosa dici? Che ti bruciano gli occhi? Brutto delinquente,
non saresti neanche nato in borgo dei Minnelli;
se vede l’acqua, gente, va come il vento.
Avanti, asciugati, muoviti, testa matta;
e adesso siediti lì, mangia il caffè.
Cosa dici, che è forte? L’ha mangiato la gatta
che è schizzinosa, e non si è lamentata…
Guarda come tiene i libri questo zulù;
ma dove li hai messi, vigliacco, su per il camino!
Se il Signore poveretto ti prendesse con sè,
vado subito ad accendergli duecento lumini.
E la lezione?… Di la verità a tua madre…
Ma neanche guardata, boia di un mondo ladro?
Ma già, non lo so? Hai la testa quadra,
e sarai sempre un asino, come tuo padre.
E adesso vai a scuola, allunga, brutta faccia.
Con questi ragazzi, è una disperazione!
Le maestre, oggi, non gli insegnano niente;
non gli si può dare che in casa l’educazione!
Borgo dei Minelli verso via Bixio. Impressionante lo stato di degrado: per questo fin dalla fine dell’800 si parlava di risanare l’Oltretorrente e alcune riedificazioni erano già state compiute, come quelle in via della Salute. Tra il 1928 e il 1935 fu totalmente demolito, e con esso parte del quartiere e borgo delle Carra, l’attuale via Gorizia, anche per motivi politici.
Borgo dei Minelli, detta poi per un breve periodo viale Filippo Corridoni, che ricalca grosso modo l’attuale via della Costituente. In borghi degradati come questo la mortalità infantile, rispetto ai quartieri del centro, era enormemente più elevata.
La questione era antica: nella Storia di Parma di Angelo Pezzana si cita che “fin dal 1444 vi erano case che andavano a ruina”.
La cà di gris, la casa dei grigi, definiti così perché sporchi. Da “Don Erminio Lambertini al prét di capanón”