Prosa dialettale:
Stranomm

L'essenza più genuina del dialetto

Testi di Giuseppe Mezzadri

 

Stranomm

Al stranomm, a difarénsa dal nomm, al descrivva in manéra cólorida, e de spess simpatica, la parsonalitè äd l’interesè.

Där al stranomm vól dir scarnär ’na parsón’na e tirärogh fóra la sostansa che po la s’cóndensa in-t-l’ arlja.

A gh’éra di stranòmm chi nasävon da un fat particolär, cuäzi par cäz. Cme p’r ezémpi Parochia, ch’ i l’àn ciamè acsì parchè, ala vizita äd léva p’r andär a soldè, ala dmanda: “Religione?” l’äva rispost: “Parochja äd San Giuzép!” Opur cme coll ch’ j al ciamävon Sarventi parchè Sarventi l’ éra al nomm ’dla fabrica dil candéli ch’a gh’éra in fónd a via Rodolfo Tansi. I gh’ l’ àn arfilè cme stranomm parchè l’äva miga paghè il boletti e i gh’ävon tot via la corénta, acsì l’andäva a candéli.

In-t-la poézja ’d Zarbén l’Astronomia a vén luminè anca Colórni, ch’l’éra vón ch’éra stè al manicomi. A ciamär acsì vón, al gióron d’incó, a gh’ sariss da ciapär ’na denónsja.

Ani fa, dal Sórd, a j äva cognsù vón ditt al Schiss, ciamè acsì parché al gh’äva al näz schisè cme ’n bocsór. Cuand a gh’ò dmandè coza gh’ éra sucés, al m’à ditt: “A són caschè in-t-un scäv stradäl, ch’a podäva fär cazva al cmón”.

Carlón, un so amigh ch’l’äva sentì, al gh’à ditt: “A t’ podäv fär cazva a l’ost, a t’ sarè stè imbariägh märs!”

 J éron tant i parsonag’ ch’a s’ podäva inconträr in-t-l’ ostaria äd Bruno al Sórd: Móliga, ch’al ne tazäva mäi e la so vóza sigalén’na la s’ sentiva de d’ lontàn, Bujètta, ch’ l’ éra un tacagnén, ’na gran raza o Zbraghén, ch’ l’ éra semp’r élegant cme un milòrd ingléz.

Al Mull l’era contént sól s’ a gh’éra da lavorär bombén e Cambra d’aria, con la pansa grosa in fóra, l’éra pu lärogh che ält.

La Mnudén’na l’era ’na donna picén’na e sutila sutila e La gh’ à ’l bali un donlón avtoritärj da mat.

Zana Zguärsa l’era zbarluz e poch bél e i ciamävon vón Spuggna parchè cuand al zugäva in-t-al Pärma, a difarensa äd ch’ j ätor, in camp i gh’ dävon dal vén.

Polintón: apén’na gnù a ca da soldè al s’éra scotè äd brutt p’r avér dè ’na manäda a ’na polénta apén’na strabucäda.

Bondansa l’éra un strasär ch’al ne däva cuäzi mäi gnénta a nisón. Se vón l’insisstäva, al tiräva fóra al so stät äd famija con ot fjó, e ’l dzäva: “Co’ vriv ch’a v’daga? A gh’ò da tirär su tutt chi ragas chi!”

A gh’éra anca di stranòmm indo’ an gh’ énträva miga al fisich mo putost i vissi. Acsì, p’r ezémpi, cojj ch’a gh’ piazäva bombén al vén, facilmént i dvintävon Fojetta, Bic’rén, Ciurlén, Navasól o Gnanca ’n gòss.

 

Si comprano stracci, ricerca di Roberto Colla

 

Bruno Lucchini, Al Sord, di Giovanni Ferraguti

 

Voci di: Roberto Tinelli, accento Parma città, Franca Bodria e Claudio Cavazzini Parma Oltretotrrente, Paride Mori accento di Coenzo

Soprannomi

Il soprannome, a differenza del nome, descrive in maniera colorita, e spesso simpatica, la personalità dell’interessato.

Dare il soprannome significa scarnificare una persona e tirargli fuori la sostanza che poi la si condensa in una bonaria presa in giro.

C’erano soprannomi che nascevano da un fatto particolare, quasi per caso. Come per esempio Parochia, che hanno chiamato così perché, alla visita di leva per andare militare, alla domanda: “Religione?” aveva risposto: “Parrocchia di San Giuseppe!” Oppure come quello che chiamavano Sarventi perché Serventi era il nome della fabbrica di candele in fondo a via Rodolfo Tanzi. Glielo hanno rifilato come soprannome perché non aveva pagato le bollette e gli avevano tolto la corrente, così andava a candele.

Nella poesia di Zerbini l’Astronomia viene nominato anche Colórni, che era uno che era stato all’ospedale psichiatrico. A chiamare così una persona, al giorno d’ oggi, ci sarebbe da prendere una denuncia.

Anni fa, dal Sórd, avevo conosciuto uno detto Schiss, così chiamato perché aveva il naso schiacciato come un boxeur. Quando gli ho chiesto cosa gli era successo, mi disse: “Sono caduto in uno scavo stradale, che potevo fare causa al Comune”. Carlón, un suo amico che aveva sentito, gli disse: “Potevi far causa all’oste, sarai stato ubriaco fradicio!”

Erano tanti i personaggi che si potevano incontrare nell’osteria di Bruno al Sórd: Moliga, che non taceva mai e la sua voce stridula si sentiva di lontano, Bujètta, che era un litigioso, un gran attaccabrighe o Zbraghén, che era sempre elegante come un milord inglese.

Al Mull era contento solo se c’era da lavorare molto e Cambra d’aria, dalla pancia grossa e prominente, era più largo che alto.

La Mnudén’na era una donna piccola e filiforme e La gh’à ‘l bali una donnona molto autoritaria.

Zana Zguärsa era strabico e poco bello mentre chiamavano uno Spuggna perchè quando giocava nel Parma, a differenza degli altri, in campo gli davano il vino.

Polintón: appena tornato da militare si era scottato moltissimo per avere dato una manata ad una polenta appena rovesciata.

Bondansa era uno straccivendolo che non dava quasi mai niente a nessuno. Se uno insisteva, tirava fuori il suo stato di famiglia con otto figli, e diceva: “Cosa volete che vi dia? Devo tirar su tutti questi ragazzi!”

C’erano anche soprannomi dove non c’entrava il fisico ma piuttosto i vizi. Così, ad esempio, quelli cui piaceva molto il vino, facilmente diventavano Fojetta, Bic’rén, Ciurlén, Navasól o Gnanca ’n gòss

 

Note ai soprannomi

Parochia                      Parrocchia

Sarventi                        Serventi, piazzale

Colórni                         Colorno, località

Sórd                              Sordo

Schiss                          Camuso, schiacciato

Carlón                           Carlone

Móliga                           Melma, spesso appiccicosa

Bujètta                          Lite, baruffa

Zbraghén                      Spaconcello

Al Mull                          Il Mulo

Cambra d’aria              Camera d’aria

La Mnudén’na              La Minutina

La gh’à ’l bali                Ha le palle

Zana Zguärsa               Scrofa guercia

Spuggna                       Spugna

Polintón                        Polentone

Bondansa                     Abbondanza

Fojetta                          Un quarto di vino

Bic’rén                          Bicchierino

Ciurlén                          Tracannino

Navasól                        Piccola vasca per la pigiatura

Gnanca ’n gòss            Neppure un goccio